Dipendenza affettiva /

L’attaccamento è alla base di ogni legame affettivo incentrato sulla ricerca di sicurezza fisica e psichica, di stabilità e di benessere in presenza dell’altro. Nel corso della vita diventa un elemento essenziale e si ritrova nelle relazioni d’amore in senso lato. Quando un rapporto affettivo diventa un “legame che stringe” in cui si altera stabilmente quel necessario equilibrio tra il “dare” e il “ricevere”, l’amore può trasformarsi in un’abitudine a soffrire fino a divenire una vera e propria “dipendenza affettiva”, un disagio psicologico che è in grado di vivere nascosto nell’ombra anche per l’intera vita di una persona, ponendosi tuttavia come la radice di un costante dolore e alimentando spesso altre gravi problematiche psicologiche, fisiche e relazionali.

Il termine “dipendenza”, se riferito a sostanze, indica uno stato di bisogno fisico e psicologico indotto da quella sostanza sull’organismo; l’individuo dipendente per evitare una crisi di astinenza e le conseguenze spiacevoli che questa comporta, si trova costretto ad assumere la sostanza in modo continuativo e costante. Nelle dipendenze affettive è l’altro a svolgere la funzione di “sostanza”, per cui la sua presenza nella nostra vita diviene un bisogno, una necessità, un vincolo indissolubile, pena la perdita della nostra stessa identità.

Non sempre è il proprio partner l’oggetto d’amore, in alcuni casi può trattarsi del gruppo familiare, dei figli o di una qualunque altra persona con cui si vive una relazione ritenuta indispensabile. Spesso sono i genitori che scambiano un attaccamento morboso e soffocante verso i propri figli con un legame profondo e significativo; sono madri o padri che rinunciano completamente alla loro identità, senza più una vita di coppia ed esistono unicamente in funzione dei figli. Il pericolo in questi casi non è solo l’annullamento della propria identità, ma anche di quella dei figli che, troppo impegnati a realizzare i desideri e le aspirazioni dei genitori, si vedono costretti a rinunciare a quelli che sarebbero stati i loro obiettivi.

Manaham: “una persona che soffre di dipendenza affettiva manifesta un’insana dipendenza da un’altra persona tale da essere completamente coinvolto dall’altro e poco attento a se stesso, con la perdita di potere e di equilibrio personale, identità confusa e confini poco chiari nella relazione con gli altri”.

Melody Beattie: “la persona che soffre di dipendenza affettiva è un individuo che ha permesso al comportamento dell’altro di coinvolgerlo ed è ossessionato dal controllo del comportamento di tale persona”.

Daniel Piétro: “la dipendenza affettiva è una turba della personalità, acquisita durante l’infanzia e perpetuata nell’età adulta, che si caratterizza nel modo seguente: non avendo acquisito un’autonomia durante l’infanzia, l’individuo ricerca nell’età adulta, l’approvazione e la valorizzazione per fondare la stima di sé;incapace di stabilire da solo relazioni interpersonali stimolanti a partire dalle proprie risorse, l’individuo spera che un legame affettivo con un’altra persona gli permetterà di svelare le proprie qualità e le proprie risorse nascoste; non riuscendo a realizzarsi, l’individuo troverà rifugio o compensazione per esprimere o anestetizzare la propria sofferenza nell’alcol, nella droga, nel consumo eccessivo di farmaci o di cibo e a volte anche nel suicidio”.

Una prima caratteristica della dipendenza affettiva è la difficoltà a riconoscere i propri bisogni e la tendenza a subordinarli ai bisogni dell’altro.

L’amare l’altro diventa spesso una forma di sofferenza; il benessere emotivo, a volte anche la salute e la sicurezza, vengono messi a repentaglio per il benessere dell’altro.

Le persone con difficoltà affettiva non riescono a prendersi cura di sé, a creare degli spazi per la propria crescita personale perché sempre prese, in quel momento, da qualche problema dell’altro oggetto d’amore che richiede la loro attenzione e la loro energia vitale.

La seconda caratteristica è un atteggiamento negativo verso il Sé, per cui si ha un pensiero del tipo: “io sono cattivo, gli altri sono buoni, mi trattano male per colpa mia, devo cercare di accattivarmeli” (M. Selvini Palazzoni, S. Cirillo, M. Selvini, A. M. Sorrentino, 1998).

Queste persone soffrono di un profondo senso di inadeguatezza.

Sono convinte che per essere amate devono sempre essere diligenti, amabili, sacrificarsi per l’altro per poter ricevere il suo amore.  Anche quando questo vuol dire farsi male.

Chi soffre di dipendenza affettiva è ossessionato da bisogni irrealizzabili e da aspettative non realistiche. La dipendenza si alimenta dal rifiuto, dalla negazione di Sè, dal dolore implicito nelle difficoltà e cresce in proporzione inversa alla loro risolvibilità.

Quello che incatena nella dipendenza affettiva è l’ingiustificata, assurda, sconsiderata presunzione di farcela. La presunzione di riuscire prima o poi a farsi amare da chi proprio non vuole saperne di amarci o di amarci nel modo in cui noi pretendiamo.

La dipendenza affettiva colpisce, sopratutto il sesso femminile, in tutte le fasce d'età. Sono donne fragili che, alla continua ricerca di un amore che le gratifichi, si sentono inadeguate. Sono donne che hanno difficoltà a prendere coscienza di loro stesse e del loro diritto al proprio benessere che non hanno ancora imparato che amarsi è non amare troppo, che amarsi è poter stare in una relazione senza dipendere e senza elemosinare attenzioni e continue richieste di conferme.

Nelle relazioni affettive, queste persone elemosinano attenzioni e continue conferme poiché tutto ciò aiuta a sentirsi sicuri e forti, contrastando così l'impotenza, il disagio, il vuoto affettivo che percepiscono a livello personale.

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Testimonianze

D.L.

Così trovai da sola la Dottoressa Rendina e iniziai in segreto la mia psicoterapia. Fu un percorso molto produttivo. Dopo un primo momento, che durò qualche mese, di crisi e disorientamento, presi consapevolezza di mè, di cosa volevo, di quali erano i miei difetti che mi avevano incastrato in quella relazione, di quali erano le mie responsabilità...
D.L.

G.A.

Il mio nome è G.A. ho 80 anni e sono il caregiver di una donna a me cara operata al seno. L’ho accompagnata alle visite e lungo tutto il suo percorso, fino ad approdare assieme dalla Dottoressa Rendina Margherita. 
G.A.

M.V.

La mia esperienza inizia come ammalato e poi si trasforma in caregiver. 
Infatti all’inizio del 1999, nel mese di Marzo e poi nel mese di Maggio per strada e, fortunatamente vicino casa, improvvisamente perdevo feci in abbondanza, come se qualcosa mi scoppiasse dentro e spingesse tutto fuori.
M.V.

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